DOLORE CRONICO

L'Associazione Internazionale per lo studio del dolore (IASP) definisce il dolore come “un'esperienza sensoriale ed emotiva associata a danno tissutale, in atto o potenziale, descritto in termini di tale danno”. Con il termine dolore, quindi, ci riferiamo ad un'esperienza sensoriale, relativa al nostro corpo. ma anche alle alterazioni emotive e cognitive, entrambe provocate da un danno (o potenziale danno) a livello organico.

Questo non significa che chi non riesce a controllare il dolore può avere un disturbo mentale da curare, bensì che esistono diversi fattori psicologici che intervengono nella modulazione (accentuazione o inibizione) del dolore e che attraverso di essi possiamo intervenire nella gestione del dolore. Per capire come fare è necessario capire cosa è il dolore e come i fattori psicologici lo influenzano. 

Nel 1965 lo psicologo Ronald Melzack e il neurofisiologo Patrick Wall formularono la teoria del  Gate Control (Teoria del Cancello), secondo la quale diversi eventi possono influenzare la modulazione del dolore. In parole povere, alcuni eventi (sia fisici che psicologici) influiscono sul nostro sistema nervoso (a livello del midollo spinale) agendo come attivanti oppure inibendo la percezione del dolore (cioè aprendo o chiudendo il cancello del dolore secondo la teoria di Melzack e Wall). Il dolore, quindi, può essere notevolmente modificato sia da eventi fisici che psicologici, aggravandolo, ma anche attenuandolo. Tale teoria è suffragata da numerosi studi, effettuati in seguito alla sua formulazione, sulle variabili, sia fisiche che psicologiche, che intervengono nell'apertura e chiusura del cancello del dolore.

Ad esempio, da un punto di vista fisico l'affaticamento accentua la sensazione di dolore, infatti quando siamo stanchi percepiamo maggiormente il dolore rispetto a quando siamo riposati. L'iperaffaticamento apre il cancello del dolore.

Allo stesso modo intervengono le variabili psicologiche. Prendiamo, ad esempio, la variabile psicologica “attenzione”; quando facciamo attenzione al nostro dolore lo percepiamo maggiormente di quando ci distraiamo impegnandoci in altre attività. E più lo percepiamo più vi facciamo attenzione, creando così un circolo vizioso. 

Ancora, quando siamo nervosi in ansia, moralmente a terra o arrabbiati, a causa del dolore o per altre ragioni, percepiamo il dolore più intensamente rispetto a quando siamo sereni; tutte queste emozioni avranno come conseguenza l'aumento del dolore, e avvieremo di nuovo un circolo vizioso. 

Il meccanismo è sempre lo stesso, l'apertura del cancello del dolore e il suo mantenimento.

Quando il dolore diviene cronico le cose si complicano ulteriormente. Il dolore cronico, infatti, può avere implicazioni in diverse aree della vita della persona destando ulteriori preoccupazioni (non solo rispetto al dolore stesso, ma anche per le possibili ripercussioni in ambito lavorativo, di coppia, familiare, sociale, sessuale) generando ansia o depressione, che vanno ad aprire il cancello al dolore. Si crea in  tal modo un ulteriore circolo vizioso.

Fortunatamente il meccanismo funziona anche in modo inverso. E', infatti, possibile creare un circolo virtuoso gestendo le variabili fisiche come quelle psicologiche, il che chiuderà il cancello del dolore.

 

In cosa consiste  l'intervento psicologico per la gestione del dolore cronico?

Consiste nell'individuazione e gestione delle variabili psicologiche che aprono il cancello al dolore e nell'aiutare la persona a far fronte al meglio al dolore, migliorando la qualità della vita della persona nel momento in cui il dolore invade le aree della vita con limitazioni più o meno gravi. 

Riprendendo l'esempio dell'attenzione, se questa fosse la variabile psicologica che mantiene il dolore, sarebbe possibile insegnare alla persona alcune tecniche di distrazione specifiche, che la aiuteranno a non focalizzarsi costantemente sul dolore con conseguente attenuazione della percezione del dolore.

Allo stesso modo, l'apprendimento della gestione di nervosismo, ansia, depressione, rabbia e delle preoccupazioni relative al dolore o ai diversi ambiti della propria vita porterà, come conseguenza, pure la gestione del dolore, oltre ad un miglioramento della qualità di vita.

E’ possibile, dunque, controllare il proprio dolore imparando quelle strategie che ci permettono di intervenire sulle variabili psicologiche (così come facciamo per quelle fisiche) che lo mantengono  impedendogli di influire in modo negativo sulla qualità della nostra vita.